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VIAREGGIO. C’è chi, come il Viareggio, ha faticato per ritagliarsi un posto nella terza divisione nazionale del calcio italiano dopo le prime stagioni vissute rincorrendo il pallone su campi polverosi in luoghi dimenticati dal Signore. C’è chi, come l’Avellino, sta compiendo lo stesso percorso ma vanta un passato ben più glorioso, con dieci anni in Serie A e giocatori prestati a varie nazionali. E così, la sfida al vertice della Prima Divisione di Lega Pro, in programma domenica 28 allo stadio dei Pini, sarà per le zebre l’occasione di ospitare un’altra big del calcio italiano.

L’Avellino, gloria dell’Irpinia, aspra regione della Campania caratterizzata da valli e alture, è prossimo al traguardo delle cento candeline: la società biancoverde nasce, infatti, nel dicembre 1912 con il nome di Unione Sportiva Avellino. La squadra, almeno agli inizi, rimane lontana dal gotha del calcio: nella prima metà degli anni Sessanta l’Avellino raccoglie due retrocessioni in Serie D e altrettante promozioni nella categoria superiore, dove si stabilizza per nove stagioni. Nel 1973, poi, i campani si affacciano per la prima volta in Serie B.

La parentesi nel campionato cadetto dura appena cinque anni, il tempo di fare degli acquisti mirati per un nuovo cambio di categoria. Che, questa volta, si chiama Serie A. A portare l’Avellino guidato da Paolo Carosi nell’empireo del calcio nostrano provvede Mario Piga, attaccante sardo: è lui a gonfiare la rete di Marassi nell’1-0 in casa della Sampdoria che manda in visibilio i tifosi irpini.

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Il 1° ottobre 1978 i biancoverdi fanno il loro esordio in Serie A e dopo quattro giornate festeggiano il loro primo successo tra le grandi del calcio italiano, battendo 2-0 il Verona al “Partenio”. Quella dell’Avellino è una rosa priva di cognomi accattivanti – spiccano quelli di due toscani, il capitano Adriano Lombardi, uno dei primi calciatori ad ammalarsi e morire di Sla, e il centravanti Gianluca De Ponti – eppure sa come farsi valere. Il calore del pubblico di casa si rivela spesso un fattore in grado di far pendere l’ago della bilancia in favore dell’Avellino. Che, il 28 gennaio 1979, arriva a sconfiggere nientemeno che il Milan, di lì a pochi mesi vincitore dello scudetto della stella: a castigare l’undici rossonero dei vari Albertosi, Collovati e Maldera è Vincenzo Romano.

Chiuso al decimo posto il primo anno nel massimo campionato, per l’Avellino seguono due stagioni piuttosto turbolente: nel 1979-80 la squadra, pur superando nuovamente il Milan al “Partenio” e facendo altre vittime illustri come Juventus e Napoli, non va oltre la dodicesima posizione. Va leggermente meglio l’anno successivo, funestato dai cinque punti di penalizzazione per lo scandalo Totonero e da una forte scossa di terremoto che il 23 novembre 1980 colpisce l’Irpinia, portandosi via quasi 3mila persone: anche la passione per l’undici allenato da Luís Vinício, che può avvalersi di Stefano Tacconi, Beniamo Vignola e Juary, primo straniero acquistato dai biancoverdi dopo la riapertura delle frontiere, aiuta gli sportivi avellinesi a superare l’immane tragedia.

Negli anni successivi i biancoverdi si confermano assai più di una semplice provinciale. Nel campionato 1981-82, infatti, centrano il miglior piazzamento di sempre, un onorevolissimo ottavo posto frutto anche dei successi contro Roma (1-0) e Napoli (3-0). Il “Partenio” rimane uno stadio difficile da espugnare per chiunque ed è proprio nella tana dei lupi che soccombono nuovamente il Milan (storico il 4-0 patito nella prima giornata della stagione 1983-84), il Napoli, l’Udinese di Zico e anche il Verona nell’anno dello scudetto (1985). Non a caso, la squadra Primavera verrà invitata anche alla Coppa Carnevale di Viareggio, dove chiude al quarto posto nel 1982, lo stesso anno della vittoria della Coppa Italia di categoria: nella rosa figura anche Marco Pecoraro Scanio, fratello di Alfonso, ex segretario del partito dei Verdi.

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Ad Avellino giungono frattanto personaggi pittoreschi come il peruviano Geronimo Barbadillo ma anche giovani promettenti – il massese Dante Bertoneri – ed elementi di riconosciuta esperienza internazionale – l’argentino Ramón Díaz. Il nome da ricordare, però, è quello di un ragazzo che ha tirato i primi calci al pallone proprio tra le cime dei monti irpini: si chiama Fernando De Napoli e presto si guadagna il soprannome di ‘Rambo’, vuoi per quella lontana somiglianza con l’attore Sylvester Stallone, vuoi per la sua caratteristica di lottare in mezzo al campo. Ad oggi è l’unico ad esser stato convocato in nazionale e ad aver disputato una Coppa del Mondo, quella in Messico del 1986, da calciatore dell’Avellino.

Nella stessa estate del Mondiale messicano, i biancoverdi conquistano un trofeo singolare, il “Torneo Estivo”, riservato a tutte le società di Serie A tranne le quattro semifinaliste di Coppa Italia della stagione precedente. E da lì ripartono per un’altra stagione esaltante, chiusa all’ottavo posto con una squadra di futuri allenatori nella massima serie – Angelo Alessio, Stefano Colantuono e Franco Colomba – sotto la guida di Vinício che rileva la strana coppia formata da Enzo Robotti e Tomislav Ivić. Ma sono gli ultimi squilli di tromba prima del de profundis: annunciato da titoli roboanti quali “Dal Partenone al Partenio” sbarca in Irpinia l’attaccante greco Nikos Anastopoulos che in patria ha segnato 115 reti in 198 incontri. Ma ad Avellino, in 16 partite, non inquadra mai la porta. E la squadra retrocede.

Una volta lasciata la Serie A, gli irpini non la rivedono più. Negli anni Duemila, che segnano l’approdo in biancoverde di due versiliesi – il viareggino Andrea Masiello e il pietrasantino Gabriele Ulivi -, l’Avellino sale ancora sull’ascensore che in sei stagioni lo fa viaggiare tra Serie B e Serie C1 (indimenticabile la finale playoff vinta contro il Napoli nel 2005). Risale al 2008 l’ennesima retrocessione nella terza serie, poi scongiurata dal ripescaggio che segue il fallimento del Messina. Un destino che toccherà anche all’Avellino, non iscritto dalla Co.Vi.Soc. alla Lega Pro: i lupi ripartono dalla Serie D, inanellando poi due promozioni consecutive.

@GorskiPark

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